C'era una volta la Scèusa...quando i nostri nonni facevano i falò!

L' Ascensione, in dialetto "a Scèusa" è una tradizione dell'antichità ricca di riti e simboli che oggi sopravvivono malinconicamente nella memoria storica di pochi. Una festa benaugurante di purificazione universale, un inno alla primavera inoltrata che per me ha il dolce ricordo che profuma d’infanzia. Secondo Pitrè, “l’ Ascensione è la festa di lieto augurio, il giorno designato a guarire le malattie più gravi e ribelli ad ogni virtù di farmaco”. 

I significati della fumata


Salamone Marino descrivendo la festa si è soffermato sull’uso diffuso da parte dei contadini siciliani di accendere dei falò. “La fumata”, scrive: "procura sanità e prosperità agli animali e alle piante e bellezza alle produzioni campestri". Secondo la tradizione cristiana essa simboleggia la nuvola che coprì Gesù quando ascese al cielo 40 giorni dopo la Resurrezione. Un altro significato era legato ai riti arcaici secondo cui i fumi allontanavano i vapori nocivi dai seminati. Maggio è per il contadino un mese decisivo in quanto il grano, pianta di civiltà, sta per giungere a maturazione. Si trattava di un vero e proprio rito di propiziazione per favorire la futura mietitura.

Come si festeggiava “a Scèusa” a Sciacca?


Nella città termale questa tradizione era davvero viva in passato. Molte sono state le trasformazioni che riguardavano i falò che prima si accendevano nei cortili, poi in tutte le 5 porte e poi solo a San Michele. Gli storici locali ricordano un pellegrinaggio al Santuario di Monte Cronio dove avveniva la benedizione degli animali e si rimaneva a fare festa. 

Viva la sceusa, viva San Calò!


Gli animali venivano anche bagnati a mare. 

Nella campagna di Scunchipane veniva organizzata una messa nella piccola chiesetta e poi tutti a fare “ schiticchio”. 

Il mio ricordo da piccola è molto frammentario: musica, giochi dentro i cortili come la “cursa ri sacchi”, "pupi di la Scèusa", la piazza gremita di gente e animali soprattutto cavalli, pecore e capre addobbati con coloratissimi fiocchi, campanelle, campanacci e nastrini.....e ancora il consumo di calia e simenza.  Immancabile era l'usanza di saltare sui fuochi dei ragazzi che si sfidavano divertendosi.

Il futuro della “Scèusa”


Oggi, questa festa popolare si è persa quasi del tutto e resta slegata rispetto ad un mondo sempre più globalizzato. Per questo bisogna assolutamente recuperare la nostra identità rilanciando la tradizione agro-pastorale ai fini della promozione turistica. L'autentico quartiere di San Michele  è la cornice perfetta  per proporre visite guidate, esperienze come la mungitura del latte fresco, degustazioni e promozione di prodotti caseari, delizie del mare e grani antichi e l'organizzazione di un vero e proprio evento gastronomico basato sui sapori antichi. Il tutto nell'atmosfera di allegria, accoglienza e scialu che solo i saccensi hanno nel sangue. Riscoprire questa usanza è anche un dovere da tramandare alle future generazioni! 


Curiosità


- A Palermo, per devozione,  si raccoglievano in campagna celse bianche, che erano molto abbondanti il giorno della festa. In dialetto ceusa è la gelsa.


- I fantocci venivano imbottiti con cura con paglia e abiti vecchi. Il loro rogo nei falò  richiama anche il Carnevale e il rogo di Peppe Nappa. Nel fantoccio che muore, così accade con le fiamme rituali di maschere, diavoli e falò dedicati a Santi, vengono distrutte le colpe accumulate dalla società. Simbolicamente le fiamme rappresentano il fuoco nuovo e hanno lo scopo di esoricizzare la morte della vegetazione e promuovere la primavera: un rito di rigenerazione e di rinascita dell’umanità.


- La celebrazione cade sempre 40 giorni dopo la Pasqua, sempre di giovedì. La Chiesa Cattolica posticipa i festeggiamenti alla Domenica successiva. Gesù, secondo le Scritture, conclude la vita terrena per unirsi in cielo alla destra del Padre.





               Filena Rizzuto 

Incredibilmente attratta da ogni millimetro di terra e mare di Sicilia, sono esperta in comunicazione internazionale e mi occupo di ospitalità di lusso. In questi anni, ho capito, che in realtà in vacanza la vera ricchezza è scoprire le cose semplici e genuine del paese in cui si è ospiti.

Per questo adoro condividere le tradizioni, la bellezza e il buon cibo combinando incontri per far vivere vere esperienze autentiche. Racconto piccole storie che fanno grande la storia sia ai visitatori che incontro sia a coloro che leggono il blog stuzzicandoli con il piacere della scoperta di Sciacca e delle "cose" di Sicilia.


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